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La Partecipazione

Avete ricevuto una partecipiante per il nostro destination wedding. Una partecipante è una partecipazione di carta fatta a mano che vi farà fare l'esperienza della semina, dell'attenzione ai germogli e del frutto che portano la dedizione e la cura. Il messaggio che vi lasciamo è di far nascere e crescere l'Amore attraverso la condivisione della nostra gioia. Perché il vero amore e la vera amicizia se coltivati, curati e nutriti, crescono e portano frutto.

Seguite le indicazioni riportate all’interno del lato apribile della busta per piantare la carta.

Ma non finisce qui, perché durante il nostro wedding day incontrerete altra carta piantabile che porterete a casa così potrete rinnovare il ricordo dell’evento attraverso i fiori e le piante che nasceranno.

La Leggenda del Lago Trasimeno

La leggenda del Trasimeno narra le vicende della ninfa Agilla e del principe Trasimeno, figlio del dio Tirreno.

Si racconta che Trasimeno, mentre viaggiava nelle terre del centro Italia, l'antica Etruria, giunse in riva ad un lago, ampio e con le rive coperte di alberi. Si fermò sulla riva e, visto il caldo estivo, decise di fare un bagno. La ninfa Agilla lo vide e rimase colpita dalla bellezza del giovane; decise di sedurlo e con il proprio canto lo attirò al centro del lago. Questo causò un tale stordimento nel giovane che sopraffatto dall'emozione, annegò. Narra ancora la leggenda che il corpo non fu mai trovato e che in suo ricordo il lago prese il nome di Trasimeno. Da allora, nelle serate di agosto, quando una brezza leggera vola sulle acque del lago e fa stormire le foglie, producendo così un leggero fruscio, si dice che sia il lamento della ninfa Agilla alla ricerca del bellissimo principe.

Le Leggende del Castello di Rosciano

Il Castello ha prodotto leggende e racconti legati alla superstizione locale ma anche a fatti realmente accaduti. 

Dai contadini e dai cacciatori delle campagne circostanti giungevano innumerevoli racconti collegati al castello che parlavano di fantasmi, di magia e di fatti misteriosi. 


- Il frate cercatore 

Sarebbe il fantasma di un camaldolese benedettino che avrebbe abitato il monastero all’interno delle mura di Rosciano. Chi lo ha visto lo descrive come un silenzioso monaco che accetta di dividere il suo pasto frugale con i visitatori del bosco. Ma l’altra faccia della leggenda parla del frate cercatore come dell’araldo di un favoloso tesoro perduto, che si mostra in sogno a chi viene scelto e, se questi accetta di passare alcune difficili prove, potrà avere accesso al tesoro. A quanto sembra il frate cercatore appare soltanto nei boschi.

Le presenze che invece “abitano” il castello sono:

- Il nobile Tancredo, giovane di un’antica casata che avrebbe vissuto a Rosciano nel XIII secolo. Il suo fantasma si aggirerebbe per le stanze e il bosco e durante i banchetti al castello cui ama parteciparvi. Fausta per questo motivo ha continuato la tradizione di preparare un posto in piu’ a tavola per l’ospite invisibile, anche in segno di rispetto verso gli antichi proprietari. Il motivo della presenza di Tancredo sembra doversi collegare al fatto che le sue ossa riposano in luogo non consacrato, probabilmente nel bosco, e solo quando saranno ritrovate e traslate all’interno di un luogo sacro il fantasma potra’ trovare finalmente pace.

- La Dama della Torre, che vive chiusa nella sua stanza a tessere stoffe o leggere, dipingere e scrivere poesie. Sarebbe legata alla torre da un incantesimo che le impedisce di uscire fino a quando il suo amato non ritorna dalla crociata. 
Di notte è possibile ascoltare, a volte, il suono ritmico di un telaio in azione o quello piu’ dolce di un’arpa.
Quando fu restaurata la torre dell’antico monastero, Fausta decise di dedicare alla Dama la stanza piu’ alta, dipinta di verde e d’oro e con quattro finestre che permettono di avere una visione completa del territorio circostante. La stanza possiede molti mobili antichi e un letto a baldacchino. Un angolo e’ sollevato a formare una specie di pianerottolo che si raggiunge attraverso una breve fila di scale. Sul pianerottolo e’ posta una sedia a dondolo vicino alla finestra, “perche’ lei possa riposare, ricamare, leggere, sognare...”. Vi e’ poi un tavolino su cui sono poggiati libri di poesie, un quaderno, una penna, un cesto di frutta fresca e un mazzo di fiori che Fausta provvede a cambiare ogni giorno.
Una volta all’anno, in una particolare notte di luna piena, e’ possibile intravedere la luce di una lucerna e l’ombra di un velo che riflette la luce lunare.
Fausta ci assicura che la Dama è una presenza benevola.

- Bambino dagli occhi di ghiaccio, vecchio dagli occhi di fuoco, Cavallo rampante: sono tre presenze che apparirebbero a coloro che “non sono grati al castello” e che si avventurano nel bosco. Tali apparizioni comunicherebbero per via telepatica nella mente delle persone che se li trovano davanti, intimandogli di non proseguire e lasciare il posto immediatamente. Se questi ignorano l’avvertimento e proseguono lungo il cammino, possono venire investiti da un vortice d’aria che li scaraventa in un fosso o lungo il pendio del bosco e li fa ritrovare in un’altra zona al loro risveglio. 

Le Pietre Parlanti 

Vi è poi la leggenda delle “Pietre Parlanti”, pietre che formano un arco oggi posto nella Sala Lingarda. Le pietre furono ritrovate nel 1997 sepolte nel terreno e infatti tutt’ora conservano resti delle radici degli alberi incastrate in esse. Si tratta di pietre particolari e millenarie che “restituiscono i suoni della vita che e’ passata, ma solo per chi ha orecchio”, puntualizza Fausta. 
L’arco su cui sono state installate le pietre risale al Mille (pietra-terra-vita) ed è considerato un simbolo del bosco. Secondo la versione popolare il castello sarebbe costruito di pietra viva che scambia energia con chi vi entra in contatto e, appunto, “restituisce i suoni della vita passata...”: accade cosi’ che Fausta piu’ di una volta ha udito le risate di bambini, pianti, suoni di armi di un’altra epoca.

Il Sentiero degli Gnomi e dei Folletti

È un sentiero “ad anello” che percorre una parte dei boschi che circondano Rosciano. Fausta, da bambina, lo percorreva con suo padre oppure da sola, e lo ricorda cosi’: “...Il sentiero partiva dai ruderi del Castello, attraversava una piccola radura di corbezzoli ed eriche dove si ergeva un leccio ai cui piedi, in cerchio, l’una accanto all’altra, stavano pietre levigate. Ogni volta che passavo mi chiedevo chi le avesse sistemate cosi’ e immaginavo che uomini o fate o altri esseri del bosco avessero la consuetudine di incontrarsi sotto quell’albero...per raccontarsi storie e segreti e riti magici...”.
Quando il sentiero, dopo una salita, piega a est ci si trova di fronte a un albero steso per quasi tutta la sua lunghezza in senso orizzontale, per poi salire all’altezza della chioma verso l’alto. È incredibile come questo pino sia cresciuto e viva perfettamente in questa posizione. La zona è detta “del Pino Gobbo” proprio in relazione a questo albero. 

 

Rito dell’anello a forma di rosa 

Un antico rito di Rosciano che Fausta ha riscoperto e che pratica in occasione dei matrimoni che vengono celebrati a Rosciano. L'antico rito prevede la consegna agli sposi delle chiavi del castello e un anello d’argento a forma di rosa che rappresenta il simbolo di Rosciano. Questo rito è collegato alla leggenda secondo la quale chi si avvicinava al castello doveva dimostrare di esserne degno, perché non solo i Signori di Rosciano ma il castello stesso accettavano solo un certo tipo di persone. 

Un favoloso tesoro mai trovato 

È una della leggende più antiche di Rosciano, nata forse al tempo della prima costruzione del castello. Sembra che da qualche parte nei boschi che circondano la proprietà siano sepolti due tesori: il primo sarebbe una chioccia e sette pulcini d’oro posati su un piatto circolare (anch’esso d’oro massiccio); il secondo una pignatta di coccio piena di monete d’oro. Molti li hanno cercati, ma nessuno li ha mai trovati. Fausta però ricorda che quando era bambina le raccontavano di un contadino che sogno’ il frate cercatore che gli disse che avrebbe potuto trovare delle monete d’oro nel bosco a patto di superare alcune prove. Il contadino fu molto spaventato dal sogno ma, tempo dopo, riuscì a costruire una nuova casa. E si parlo’ del ritrovamento della pignatta d’oro. Resta però il primo tesoro di cui non si è mai saputo nulla.

Le Leggende sulla Castellana

"Il Castello è sempre aperto e accoglie coloro che giungono da ogni luogo e dona fortuna, benessere e serenità. L’importante è credere nelle fiabe e nei sogni, anche in quelli più impossibili”.

Fausta è una donna forte, di ampia cultura, una psicoterapeuta tutt’ora in attività ma che non si spaventa di fronte ai lavori manuali o alle incombenze domestiche. La sua mente scientifica si integra perfettamente con un’estrema sensibilità interiore, una dolcezza spontanea e un grande amore che si traduce in generosità e altruismo. Da quando il castello è rinato, Fausta è diventata “la Castellana”; o meglio, si è riappropriata di un ruolo che le apparteneva da sempre. 

Il racconto più affascinante riguarda un’esperienza vissuta da Fausta una decina di anni fa. La donna stava percorrendo la strada che dal castello sale fino all’altopiano del “grande leccio”. Giunta nei pressi di una curva, Fausta senti’ delle voci di persone che si avvicinavano. Non potendo ancora vederli, si sposto’ sul lato della strada per farli passare: giovani donne che portavano cesti di fiori e frutta, boscaioli, cacciatori, contadini con i loro rispettivi attrezzi, gente nobile o ben vestita che camminavano nella direzione del castello. La cosa straordinaria erano i vestiti, che sembravano appartenere all’epoca medievale. Nessuno sembro’ accorgersi di Fausta, le passarono accanto come se niente fosse e proseguirono. Fu a quel punto che la donna si accorse di una figura tozza e deforme che caracollava in coda alla processione. Sembrava un nano o un giullare o una persona di alto lignaggio, forse di sesso femminile. Il nano invece si accorse di Fausta perché si voltò verso di lei per osservarla con un’espressione enigmatica sul viso. 
Fausta segui’ quello strano gruppo fino alla porta del castello, Ma anche la struttura era completamente diversa da come la conosceva: vi erano torce sulle mura, soldati a guardia del ponte levatoio, e l’aria era pregna dell’odore intenso di carne arrostita, di legna bruciata e del suono di incudine e martello. Anche se stava scendendo la sera vi era abbastanza luce per osservare tutti i dettagli. Giunta sul ponte levatoio, la figura deforme si giro’ nuovamente verso Fausta come per invitarla ad entrare, ma a quel punto una nuova immagine si sovrappose al nano e, al suo posto, la donna pote’ vedere un grosso istrice.

Questo racconto sembra un episodio chiave per tentare di dare una spiegazione a tutti gli eventi che sono accaduti a Rosciano. A Rosciano, per qualche ignota ragione, due realta’ parallele non sono perfettamente separate ma in alcuni punti si sovrappongono e addirittura possono “invadere” il loro reciproco spazio/tempo. In presenza di Fausta tali “porte” sembrano aprirsi con più facilità. 

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